Le responsabilità del produttore di rifiuti

Ancora ad oggi si assiste a prassi errate e consolidate nella gestione dei rifiuti da parte delle aziende produttrici dei rifiuti stessi che, pur non essendo condotte in mala fede, sono comunque sanzionabili e che confermano l’esistenza di un problema legato anche alla mancata informazione in questo settore. Il produttore in quanto primo responsabile della gestione dei rifiuti è tenuto infatti al rispetto di diversi obblighi di legge, alcuni dei quali concernenti la fase di produzione dei rifiuti e altri concernenti la scelta del soggetto al quale affidarli all’atto del conferimento.

 

Il ruolo del trasportatore

Spesso i titolari d’azienda ritengono che, una volta conferiti i rifiuti ad un trasportatore, possano ritenersi completamente esonerati da ogni responsabilità in relazione alla corretta gestione del rifiuto ed alla destinazione finale dello stesso. Talvolta si affida inoltre al trasportatore, per comodità o impreparazione, il compito di assegnazione del codice CER e la classificazione del rifiuto ignorando che la responsabilità resta invece sempre in capo al produttore e non è delegabile a nessun altro soggetto. E’ infatti il produttore del rifiuto che deve identificare lo stesso adottando la corretta metodologia di attribuzione che non si basa, come spesso erroneamente si pensa, sulla descrizione della natura del rifiuto o della sua merceologia, ma consiste anche nell’identificare la fonte che genera il rifiuto stesso.

 

Cattive abitudini

E se questo può avere conseguenze sanzionatorie, esistono casi in cui i risvolti per il produttore sono anche di natura economica: la prassi, ad esempio, di raccogliere alcuni rifiuti indistintamente, nello stesso contenitore, comporta spesso che anche il rifiuto non pericoloso, così messo nel calderone, venga classificato speciale pericoloso implicando peraltro anche il conferimento in discarica di qualcosa che invece potrebbe essere avviato al recupero. Ciò, oltre ad andare contro il principio di prevenzione e recupero, oltre ad essere in certi casi nell’illegalità poiché è vietato miscelare rifiuti pericolosi con rifiuti non pericolosi, si traduce anche in un onere economico per il produttore poiché è risaputo che il costo di smaltimento dei rifiuti pericolosi è maggiore di quelli non pericolosi (salvo particolari accordi commerciali), con tutte le differenti implicazioni che ne derivano anche dal punto di vista gestionale.

 

Controlli e sanzioni

E’ innegabile come il corpo normativo della gestione dei rifiuti sia diventato più che mai complesso: se da un lato sono indubbiamente apprezzabili gli sforzi del legislatore nel mettere ordine in un campo così vasto e minato, dall’altro non si può non considerare che il continuo susseguirsi di provvedimenti con la mancata effettiva sostituzione e abrogazione degli stessi, le molteplici modifiche e integrazioni che intervengono e che in taluni casi si sovrappongono, contribuiscano a creare difficoltà di interpretazione e confusione in un panorama legislativo spesso indecifrabile. In questo contesto le imprese, ritrovandosi a dover fare i conti con una realtà così intricata, spesso stentano a capire quale sia la condotta più corretta da tenere. Gli accenni fin qui esposti non esauriscono tutti gli obblighi e gli adempimenti del produttore nella gestione del rifiuto. Nulla si è detto infatti in ordine al deposito temporaneo, alla tenuta dei registri o a quella dei MUD, ma sicuramente appare chiara una cosa: ciò che agli occhi delle imprese può sembrare caotico e non ben definito, in fondo, come poi si vede, delle regole ce le ha e vanno rispettate.

 

Le 9 azioni da intraprendere per essere a norma

1

Corretta classificazione del rifiuto prodotto. L’analisi del rifiuto risulta necessaria, all’atto della prima classificazione, ai fini della definizione della pericolosità del rifiuto e periodicamente in relazione a variazioni di composizione del rifiuto o, in caso di nessuna variazione, per dimostrare la persistenza delle caratteristiche di non pericolosità. Qualora vengano apportate variazioni al ciclo produttivo o alle materie prime impiegate si dovrà procedere ad effettuare una nuova analisi

2

Rispetto dei limiti quantitativi e temporali del deposito temporaneo dei propri rifiuti presso il luogo dove sono stati prodotti

art.183 comma 1 lett. bb) del D.lgs. 152/2006

3

Conferimento a ditta autorizzata al trasporto o ad un soggetto autorizzato ad operazioni di smaltimento/recupero dei rifiuti prodotti o al Servizio pubblico di raccolta

art.188 comma 1 del D.lgs. 152/2006

4

Corretta annotazione dell’operazione di carico (quando il rifiuto viene prodotto) e di scarico (quando il rifiuto viene avviato al recupero/smaltimento) nel registro di carico e scarico (se obbligato ai sensi dell’art. entro dieci giorni lavorativi dalla produzione del rifiuto e dallo scarico del medesimo

art.190, comma 1 del D.lgs. 152/2006

5

Numerazione e vidimazione dei formulari di identificazione da parte dell’Ufficio del Registro o dalle Camere di Commercio e dell’annotazione sul registro IVA-acquisti

art.193, comma 6 lett. b) del D.lgs 152/2006

6

Compilazione e sottoscrizione del formulario relativo ai rifiuti prodotti

art.193, comma 2 del D.lgs 152/2006

7

Controllo del ricevimento della 4° copia del formulario di identificazione o in mancanza comunicazione alla Provincia

art.188 comma 3 del D.lgs. 152/2006

8

Invio, se obbligato, della dichiarazione MUD alla Camera di Commercio dove ha sede l’unità locale entro il 30 aprile di ogni anno

art.189, comma 3 del D.lgs 152/2006

9

Conservazione del registro integrato con i formulari relativi al trasporto dei rifiuti prodotti per cinque anni dalla data dell’ultima registrazione

art.190 comma 3 del D.lgs. 152/2006

Le nostre soluzioni

Se almeno una delle seguenti azioni non è stata realizzata o è stata fatta senza la giusta metodologia, è il momento di prendere in considerazione l’intervento dei nostri consulenti per risolvere questa criticità.

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